Quante volte mi è parso rivedere i roghi dei libri che caratterizzarono nei secoli passati l’intolleranza religiosa e, più in generale ideologica, da qualunque parte provenisse.
Si distruggevano i testi e il fuoco voleva essere oltre che mezzo distruttivo, anche strumento di purificazione delle idee che essi contenevano.
Un quotidiano italiano che si professa neo-liberale, ha pubblicato otto volumi dedicati al Terzo Reich e a Hitler e, di quest’ultimo, ha offerto in omaggio agli acquirenti del primo degli otto volumi (a € 11,90 cadauno) il “Mein Kampf” di Hitler.
Quest’ultimo è presente già nelle biblioteche di ogni persona di media cultura, come lo è il “Libretto Rosso” di Mao, gli scritti di Mussolini; e queste “presenze” non significano condivisione ma necessità di conoscenza.
Ritengo addirittura che il quotidiano italiano non abbia inteso fare altro che un’operazione commerciale con promozione ritenuta adeguata.
Si sono riaccesi i roghi ai quali ho appena accennato, metaforici per fortuna, ma pur sempre roghi, cioè intolleranza; e incapacità, dopo 70 anni, di storicizzare gli eventi tragici che insanguinarono il mondo e specialmente l’Europa negli anni 40 del 900, che, viceversa, vengono (ancora!) letti in chiave politica. Certamente va compresa la presa di posizione del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, perché sei milioni di morti sono un peso enorme da sopportare, anche dopo sett’anni e con la guerra sempre in casa in Israele, questa volta proveniente dal mondo arabo. Ugualmente comprensibile anche il giudizio del Direttore del Centro Wisenthal di Gerusalemme “che qualcuno abbia pensato di usare il Mein Kampf per accrescere le vendite è un fatto senza precedenti e allarmante”, altrettanto quello del Direttore “Pagine Ebraiche” “L’operazione di smerciare in edicola e di disseminare nelle case di milioni di italiani disinformati, impreparati e incompetenti migliaia di copie di Mein Kamph non è solo un’operazione becera e volgare. Rappresenta anche un gesto cinico e irresponsabile”.
Opinione ben motivata, anche se non condivisibile, perché contiene in sé l’idea, inaccettabile, di una censura preventiva sui libri che si stampano, assai vicina ai roghi di cui sopra.
Meno assai si comprende la negazione dell’operazione Mein Kamph di noti esponenti della sinistra italiana: “atto osceno in luogo pubblico;” nessun libro va messo al bando, mai. Ma nemmeno la lettura di Mein Kampf è “grave:” dove, osservo, il pensiero discriminante è evidentissimo.
E v’è perfino chi definisce la scelta del quotidiano “vergognosa perché rappresenta il negazionismo di chi nega appunto l’unicità del male assoluto del nazismo e dell’olocausto”, giro di parole non connesse, per dare il senso della negatività: bastava essere più semplici!
Dal mondo della cultura viene un giudizio più equilibrato, perché non inquinato dall’incapacità di storicizzazione alla quale accennavo prima; Arrigo Petacco scrive: Non credo sia dannoso pubblicarlo, ma neanche utile: è un libro davvero molto brutto, scritto malissimo, noioso, ma non pericoloso. Non fece effetto a suo tempo e non credo possa farne a maggior ragione oggi.
Faccio solo notare che gli effetti, a suo tempo li fece, eccome; oggi può essere pericoloso in mano a persone influenzabili e deboli di mente, come dimostrano molti degli attentatori e terroristi in giro per l’Europa.
Personalmente ritengo che l’iniziativa del quotidiano sia stata inopportuna per i tempi in cui viviamo, ma non messa al “rogo”, come si è accennato con le poche citazioni fatte: altrimenti si finisce con l’assumere la posizione di Di Padre Jorge Borges, il personaggio indimenticabile de “Il nome della Rosa” di Umberto Eco, esponente della vecchia cultura intesa solo come conservazione del sapere, che preferisce ingoiare, avvelenandosi, le pagine del non pervenutoci secondo libro della Poetica di Aristotele e di bruciarne il resto e la biblioteca tutta, perché il testo, secondo lui “pericoloso” non cada in mano di Padre Guglielmo da Baskerville , esponente della cultura della libera ricerca e del libero pensiero. E’ chiaro che siamo “dalla parte” di Fra Guglielmo.
Nella metafora di Eco e nei due personaggi del romanzo, leggo la risposta giusta alla diffusione del Mein Kampf (come di qualunque altro libro): non è nascondendo o bruciando i libri non condivisi che si fa operazione classificabile come culturale; il pensiero e la ricerca sono liberi, guai se così non fosse; arretreremmo di millenni.
Antonio ANZANI